ORARI APERTURA
Venerdì 30 Maggio dalle 15 alle 18
Sabato 31 Maggio dalle 15 alle 18
Domenica 1 Giugno dalle 15 alle 18
Idoli, totem e tele “brutali” la mostra di un outsider pop
Il primitivo e l’ancestrale con le sue le tele rituali; lo sciamano che abbiamo sepolto per poi scoprire che il mondo dei razionali è fatto da irrazionali che inseguono un passato che non è mai stato. C'è un lato visionario nell'essere umano, ma razionalità e scetticismo ne schiacciano le potenzialità. Biagioli si muove nel territorio di pensieri, forme e colori liberate dalla convenzione delle gabbie comunicative. E’ in questo senso orgogliosamente an-alfabeta, privo di un alfabeto codificato e banale, ma creatore e partecipe di uno nuovo. Analphabetic Art è, infatti, il concetto dentro cui ha generato il suo territorio. Un territorio fatto di idoli, maschere tribali, tele “brutali” (nel senso di “primitive”, originarie), sequenze di simboli, archetipi incisi nella roccia dell'esistenza. Una volta richiamati in vita, tutti insieme diventano forza innovatrice. Arte tribale. Non ci sarebbe il cubismo senza la potenza espressiva dell'arte tribale africana, Kandinskij non avrebbe trovato la propria dimensione "eterna" senza quel viaggio nell'anima dello sciamanesimo delle comunità arcaiche russe. La storia dell'arte è un continuo riaffiorare di queste contaminazioni tra il nostro essere stati e il nostro voler comunicare di esserci adesso. Diventa quasi un gioco trovare, nell'arte contemporanea gli indizi del rapporto ancestrale tra l'uomo tribale e l'uomo contemporaneo. Si può passare dalla ricerca segnica di Capogrossi con quei "pettini" che diventano alfabeto primitivo ed arrivare ai profili primitivi e antropomorfi della "Neue Wilde" in Germania (Baselitz, Penck, Markus Lüpertz, Bernd Koberling, Karl Horst Hödicke). Si possono incrociare queste esperienze con la ricerca espressiva di Basquiat o con il primitivismo urbano dei graffitari sino a intravedere negli artisti dell’”outsider art” o “art brut” (quella intercettata da Dubuffet) il punto di contatto con questa dimensione arcaica. Filippo Biagioli racconta un mondo di cui lo stesso osservatore è partecipe, in quanto parte dello stesso tessuto-natura. C’è, insomma, in Biagioli una sottile volontà sciamanica nel creare sottili legami temporali e visivi tra queste dimensioni dell’esistenza: quella che viviamo e quella che immaginiamo. C’è la voglia di chiamarti in causa, mentre cerchi di dare un significato alle figure e alle trame che trovi davanti agli occhi. Nelle opere alla Casa Museo “Mario Carrara” ci sono le tappe di questo viaggio. C’è un idolo-natura di calcestruzzo che pare uscito dalle mani di un artigiano di civiltà precolombiana. Ci sono tele che hanno il passo del graffito urbano, ma mantenendo sempre una dimensione letteraria, ispirata da una tensione verso un’apparente “scrittura infantile” che in realtà è ricerca dei nostri pensieri primari e istintivi. Lo si capisce,ad esempio, in Lilli e Jerry nell'esplicazione delle loro funzioni. Le funzioni sono quelle fisiologiche. Sono immagini ridotte all’essenziale del segno come nel grande pesce che è sovrastato dalla scritta “Love you”. Solo che il pesce ha la dentatura di un piranha. Biagioli gioca con i simboli come accade nel “Il fiore della verità o della vanità” . Simboli che, a volte, si fanno espliciti a partire dai titoli, come nella tela “Avevo un diavolo x capello ma si è scoperto poi essere un covo di serpenti” o in “Ape disperata perché trova fiori di ferro progettati dall'intelligenza artificiale”. Nelle tele di Biagioli a volte è l’uso del fumetto a rendere parlanti le proprie creazioni. Nel caso di quest’ultima tela è l’ape artefatta a chiedersi svolazzando sui fiori di ferro: “Ma icchè ci dovrè fa io co sti cosi di fero”. Certo anche il linguaggio è quello di Biagioli. Una comunicazione che si fa spontanea, diretta. Questo, di fatto, è pur sempre il suo mondo. O non sarà, forse, il nostro, solo che fingiamo di non vederlo perché siamo cresciuti senza dosi terapeutiche di fantasia? La risposta alla Casa Museo Mario Carrara.
Fabrizio Guerrini
ORARI APERTURA
Sabato 24 Maggio dalle 15 alle 18
Domenica 25 Maggio dalle 15 alle 18
Nato a Milano, all'età di 17 anni, grazie alla camera oscura del padre, inizia ad analizzare e sondare le potenzialità creative del fotogramma.
Negli anni venti inizia l'attività artistica, frequentando un corso di disegnatore tessile, e contemporaneamente svolge ricerche nell'ambito fotografico che gli consentono di ottenere, attraverso determinate tecniche, immagini dense di originalità. Fu introdotto da Raffalle Giolli in un gruppo di intellettuali associati con la rivista Poligono. A 20 anni comincia ad interessarsi alla pittura studiando presso il pittore napoletano Carmelo Violante, allora professore presso l'Accademia Carrara di Bergamo.Partecipa alla prima mostra collettiva di arte astratta d'Italia, il 4 marzo 1934 nello studio dei pittori Felice Casorati e Enrico Paolucci in Torino, con gli artisti Oreste Bogliardi, Cristoforo De Amicis, Ezio D'Errico, Lucio Fontana, Virginio Ghiringhelli, Osvaldo Licini, Fausto Melotti, Mauro Reggiani e Atanasio Soldati, i quali firmarono il "Manifesto della Prima Mostra Collettiva di Arte Astratta Italiana". Partecipa alla Triennale di Milano nel 1936. Lo stesso anno partecipa a una mostra di arte astratta in Como con Lucio Fontana, Virginio Ghiringhelli, Osvaldo Licini, Alberto Magnelli, Fausto Melotti, Enrico Prampolini, Mario Radice, Mauro Reggiani, Manlio Rho e Atanasio Soldati. Il catalogo contiene una presentazione scritta da Alberto Sartoris. Ancora nel 1936 è illustratore del " Quaderno di geometria" di Leonardo Sinisgalli. Nel 1939 presenta una mostra personale nella Gallerie L'Equipe in Parigi. In quello stesso anno pubblica "14 variazioni su un tema pittorico" con commento musicale di Riccardo Malipiero, avviando una profonda analisi dei rapporti tra scale musicali e scale cromatiche, con particolare interesse per la musica dodecafonica.
A Milano, nel 1932, la galleria Il Milione ospita le sue prime creazioni, di tipo figurativo: in seguito, inizia la sua personale ricerca nell'ambito dell'astrattismo.
A Parigi nel 1932 stringe rapporti con F.Léger e si interessa al costruttivismo russo e olandese abbandonando l'impianto figurativo degli esordi e affrontando la ricerca nell'ambito dell'astrazione di tendenza geometrica. Nel 1934 aderisce al gruppo parigino Abstraction-Création, conosce le esperienze del costruttivismo svizzero ed aderisce al metodo del Bauhaus: determinante sarà la "lezione" di Wassily Kandinsky. Partecipa alla mostra Arte Astratta Arte Concreta nel Palazzo Reale di Milano. Molto attivo prima in teatro e poi al cinema[1][2], con un totale di 6 film sperimentali e astratti realizzati, di cui 4 completamente perduti, mentre degli altri rimangono solo brevi spezzoni non proiettabili (i primi risalenti agli anni quaranta). Durante la guerra utilizza le sue conoscenze di grafica e design e diviene falsario per il Movimento di liberazione nazionale (si veda in bibliografia 1). Nel dopoguerra fu cofondatore del gruppo fotografico La Bussola. Lavora per molti anni come grafico e pubblicitario, ed alcuni suoi fotogrammi diventano copertine per riviste quali Campografico e Ferrania. Nel 1949 aderisce al MAC - Movimento per l'Arte Concreta - partecipando alle mostre di questo movimento fondato a Milano nel 1948 da Atanasio Soldati, Gillo Dorfles, Bruno Munari, Gianni Monet.
Continua a interessarsi alla musica, creando una polidimensionalità dell'arte intesa come un progetto globale, approfondendo la sua ricerca sui rapporti matematici delle note musicali, traducendoli nei rapporti tonali del colore. Crea così numerose trasposizioni cromatiche di partiture musicali, (Musica visiva). Alla fine degli anni novanta, queste sue ricerche sono state sviluppate dal musicista Sergio Maltagliati.[3][4] Per le sue ricerche scientifiche su colore, percezione cromatica e musica negli anni settanta ( 1973-77) è chiamato alla Cattedra di Cromatologia e Composizione dell'Accademia di Belle Arti di Brera.
Nel 1979 partecipa alla manifestazione Venezia 79 La fotografia, organizzata dall'UNESCO e dall'ICP di NY, tenendo un corso su storia teoria e tecnica del fotogramma.[5]
Partecipa attivamente alla maggior parte delle mostre di quegli anni, quale la mostra dell'astrattismo italiano alla XXXIII Biennale di Venezia, il Festival di Musica Contemporanea ed una personale alla Galleria Spatia di Bolzano nel 1980 e un'altra a Pordenone nel 1984. Nel 1983 riceve il Premio Feltrinelli dell'Accademia dei Lincei per la pittura.[6] Nel 1987 insieme a Maria Lai, Costantino Nivola, Guido Strazza realizza il progetto artistico del Lavatoio Comunale di Ulassai in Sardegna. Nel 1989 Luigi Veronesi è coautore, con Giancarlo Pauletto, di un libro sull'artista Genesio De Gottardo. Sempre negli anni ottanta progetta diverse scenografie per il Teatro alla Scala di Milano; i bozzetti del lavoro scenografico sono in permanenza nel Museo del teatro. Anche la sua attività di scenografo fu improntata dal suo interesse a indagare i rapporti tra suoni e colori attraverso le trasposizioni visive delle frequenze musicali.
ORARI APERTURA
Venerdì 25 dalle 15 alle 18
Sabato 26 dalle 15 alle 18
Domenica 27 dalle 15 alle 18
La recente mostra allestita a Venezia alla Galleria internazionale di Arte Moderna di Ca’ Pesaro con la collaborazione dell’ Archivio Matta ha fatto ritrovare a migliaia di visitatori la potenza comunicativa, la forza espressiva e libera del Genio del Surrealismo. Un percorso di valorizzazione storico-critica di un Maestro che fa, ora, tappa a Vercelli, nella Casa Museo “Mario Carrara”.
Ovvero lo spazio creato da Meeting Art, in ricordo del suo fondatore, per esaltare l’arte e i suoi protagonisti. E Roberto Sebastian Matta protagonista lo era.
Spirito libero, viaggiatore per amore dell’arte: il giovane Matta, da Santiago del Cile dove è nato nel 1911, si trasferisce nel 1934 a Parigi. E qui, grazie all’ incontro con Andre Breton e Salvador Dalì, nasce la sua personale e vibrante via del Surrealismo. Negli schemi, ma oltre gli schemi: Matta usa colori e materiali per domarli con il “fuoco” (è Breton a parlare di fuoco) della sua poesia. Prende, ad
Christo, una mostra dedicata alla genialità di questo maestro che ha attraversato, insieme a Jeanne-Claude, sua compagna d’avventura creativa, la storia dell’arte tra secondo e terzo millennio: il modo migliore per aprire la Casa Museo Mario Carrara di Vercelli.
Christo ha mostrato, infatti, come si possa comunicare arte attraverso gli oggetti della quotidianità, le architetture, i paesaggi.
HEADQUARTER: Corso Adda, 7 - 13100 Vercelli
tel. +39.0161.2291 - fax +39.0161.229327 - info@meetingart.it
SEDE CENTRALE: Corso Adda, 7 - 13100 Vercelli
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